A fine novembre 2013 si è tenuto un importante corso di aggiornamento a Modena, al quale Firotek ha partecipato, riguardante la Legionella spp, le diverse tecniche innovative per identificarla, la gestione del rischio, la prevenzione e le metodologie per eradicarla.
Numeroso e di grande spessore è stato il team di relatori e moderatori presenti, tra cui la Prof.ssa Paola Borella, ordinario di Igiene presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
Come è noto, la Legionella è un batterio pneumofilo, che agisce sui macrofagi cellulari, provocandone la lisione e la successiva infezione di altre cellule. Non si verificano contagi tra uomo e uomo e non ci sono sviluppi sui meccanismi di virulenza.
I batteri di Legionella crescono nel biofilm degli ambienti acquatici, interagendo con le amebe, i protozoi e i macrofagi presenti e fagocitano i batteri gram + e gram -.
Esistono numerosi tipi di Legionella, per cui deve essere eseguita una tipizzazione, ossia vengono suddivisi in ceppi: isolati isogenici e identici tra loro, ma diversi da altri isolati della stessa specie. Stabilire i ceppi è fondamentale per poter eseguire la finger print tra quello ambientale e quello clinico.
La temperatura gioca un ruolo fondamentale per la crescita e lo sviluppo del batterio, che ad una temperatura inferiore a 50°C ha una crescita ottimale e si può determinare la presenza con il metodo colturale, mentre a temperature superiori a 55°C non c’è crescita batterice e si deve determinare con il metodo molecolare.
Gli impianti che utilizzano l’acqua durante il loro funzionamento, costituiscono un punto critico per l’annidamento, lo sviluppo e la proliferazione della Legionella, in particolare le torri evaporative, le UTA e gli impianti idrici centralizzati, dotati di boiler: quest’ultimo è il vero punto critico dell’impianto, spesso sovradimensionato e in cui si può avere una stratificazione della temperatura, più alta nella parte superiore e minore in quella inferiore. Per evitare la stratificazione è bene installare le pompe shut che permettono un’omogeneizzazione della temperatura all’interno. La presenza di rami morti, le tubazioni plastiche che si contaminano più facilmente di quelle di rame, l’assenza di un ricircolo funzionante nei servizi igienici e la vicinanza tra la rete dell’acqua fredda e quella dell’acqua calda, sono tutti possibili cause di proliferazione batterica. La temperatura di crescita ottimale per il batterio è compreso tra i 20 e i 45°C, tra i 50 e i 60°C sopravvive, a temperature superiori muore.
I possibili trattamenti di prevenzione sono:
- Ipertermico continuo, ma è efficace solo se l’impianto è nuovo ed è progettato solo per questo trattamento;
- Biossido di cloro, ma è altamente corrosivo e aumentando la temperatura, diminuisce l’efficacia; comporta la formazione di sottoprodotti clorati e cloriti;
- Perossido di idrogeno combinato con l’Argento, ma il costo del prodotto è elevato ed ha problemi di tempi di contatto e penetrazione all’interno del biofilm; favorisce lo sviluppo di batteri ambientali (pseudomonas)
- Monoclorammine, sembrano essere un metodo efficace, meno aggressivo per le tubazioni, ad eccezione di quelle di rame; non produce sottoprodotti clorati né cloriti.
Nel 2012 sono stati denunciati circa 1.300 casi di infezione da Legionella, in particolare le regioni maggiormente colpite sono state la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio e la Campania. Le strutture maggiormente esposte sono gli alberghi, i nosocomi, le strutture sanitarie, le terme e le piscine.
Negli ambienti sanitari il Direttore Sanitario ha una grande responsabilità per la gestione del rischio clinico, in particolare in virtù del D. Lgs. 502/517 229/99, deve mettere in atto misure preventive, e eventualmente risolutive in caso di contaminazioni, per garantire la sicurezza dei pazienti e di tutto il personale presente all’interno della struttura.
I lavoratori maggiormente esposti sono i manutentori delle torri evaporative, degli impianti di depurazione, i vivaisti, gli addetti alle vendite di vasche idromassaggio e il personale degli autolavaggi. Il D. Lgs. 81/08, il nuovo Accordo Stato Regioni del 7 febbraio 2013 e la UNI EN 83098 :2002, linee guida per la misurazione di microrganismi e endotossine aerodisperse, permettono ai responsabili della sicurezza di conoscere e attuare le procedure da attuare per garantire e tutelare la sicurezza del personale in genere.
Le possibili strategie di difesa comportano ovviamente dei costi da sostenere, che possono essere molto gravosi nel caso di installazione dei filtri terminali con sostituzione mensile (circa 95.000€/annui), o molto più sostenibili nei casi di iperclorazioni, trattamenti con monoclorammine, perossido di idrogeno o biossido di cloro (da 3.000 € a 8.000 €/annui).
Negli Stati Uniti d’America l’uso delle monocloroammine avviene già dal 2002, ed è regolato dagli standard dell’EPA, per cui l’acqua potabile può contenere al massimo 4mg/l di Cl2 (National Primary Drinking Water Regulation EPA, 2002), mentre l’Organizzazione Mondiale per la Salute (WHO) stabilisce uno standard per le monoclorammine usate come disinfettanti pari a 3 mg/l. Per le di e tri-clorammine non ci sono ancora standard per carenza di informazioni sufficienti a stabilire una linea guida per la salute.
Le clorammine si formano per effetto della reazione fra cloro (Cl2)e ammoniaca (NH3), durante tale reazione si formano tre clorammine inorganiche: monoclorammine (NH2Cl), diclorammine (NHCl2) e triclorammine (NCl3). Frequentemente sono prodotte tramite l’aggiunta di ammoniaca ad acqua contenente cloro libero. Il valore ideale del pH di reazione è 8,4, ossia l’acqua è leggermente alcalina.
NH3 (aq) + HOCl ®NH2Cl + H2O
Le clorammine possono essere usate come candeggianti, disinfettanti ed ossidatori, sono in grado di uccidere i batteri penetrando la parete cellulare e bloccando il metabolismo. A pH superiore a 7 le monoclorammine sono la specie preponderante. Non sono adatte per la disinfezione dell’acqua delle torri di raffreddamento perché i suoi composti reagiscono lentamente con altri microrganismi patogeni.
E’ preferibile usarle rispetto al cloro perché si formano pochi composti organici (trialometani) e cancerogeni (acido acetico alogenico).
Presentano lo svantaggio di non scomparire quando l’acqua rimane ferma per alcuni giorni e devono essere eliminate dall’acqua, che avviene solo mediante l’utilizzo di filtri a carboni attivi, perché a causa del loro basso peso molecolare sono difficili da rimuovere per addolcimento, osmosi inversa, ebollizione o distillazione.
Inoltre quando in acqua sono presenti elevate quantità di materia organica, oltre i 3 ppm, si formano ammine organiche, che non hanno le stesse proprietà di quelle inorganiche.
Infine elevate concentrazioni di ammoniaca servono da nutrienti per la nitrificazione, dei batteri acquatici, che quindi possono aumentare il livello di nitrati nell’acqua, che si trasformano in nitriti nello stomaco, potendo infine formare le N-nitrosammine, cancerogene, reagendo con le proteine del pesce. Essendo i bambini più suscettibili ai nitriti, è sempre consigliabile alimentarli con acqua che abbia questi ioni inferiori ai 25 μg/l.
La presenza di ammoniaca può causare anche la corrosione del piombo (Pb) e del rame (Cu) presenti nelle tubazioni, per impedire che ciò avvenga, perché possono innalzare i livelli di Pb nelle acque ad uso umano, vengono aggiunti gli ortofosfati.
In Europa le linee guida non contengono standard per le clorammine, risulta ancora tra i metodi in corso di studi, saranno aggiunti solo quando la Direttiva Europea per l’acqua potabile verrà modificata.
In particolare in Italia si fa ancora riferimento alle Linee Guida G. U. 103 del 5/5/2000, nel 2013 ne è stata fatta una revisione con degli aggiornamenti, che saranno pubblicati quest’anno, 2014.
Nell’attesa non abbassiamo la guardia su questa tematica e sui rischi che l’uomo corre per la propria vita, a causa della negligenza o la cattiva informazione degli organi preposti alla tutela della sicurezza. E’ necessario predisporre un Water Safety Plan, che faccia parte del DUVRI, tenersi continuamente aggiornati sulle tecnologie e le metodologie innovative adottabili, predisporre un capitolato speciale e un disciplinare tecnico per stabilire le responsabilità dell’ospedale e del gestore degli impianti.
Articolo tecnico a cura del Team Operations Firotek
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